"Social Business": 

il Premio Nobel Yunus alla convention del Rotary 
Bangkok 2012

Secondo Muhammad Yunus, cittadino del Bangladesh e Premio Nobel per la Pace nel 2006, un nuovo tipo di business – il "business sociale" – può e deve affiancare il business tradizionale. Non si tratta di rovesciare l'economia classica, precisa Yunus, ma di sperimentare forme di imprenditoria nuove, capaci di affiancare quelle tradizionali e di diffondersi nella società.

L'obiettivo del social business è risolvere i problemi: quei problemi che il business tradizionale non sa o non può risolvere. Ogni Rotary Club, ha suggerito Yunus, dovrebbe individuare un problema la cui soluzione è ritenuta urgente per il benessere della comunità in cui il club opera e creare un "business sociale" rivolto alla soluzione di quel problema; un business nel quale i ricavati vengano costantemente reinvestiti.

Muhammad Yunus, Premio Nobel per la Pace 2006

Considerata la gamma dei problemi che affliggono anche molte delle comunità più ricche – dalla disoccupazione, agli anziani, all'analfabetismo di ritorno, all'immigrazione … – non mancano certo i problemi ai quali applicarsi.
Questa di Yunus è la proposta più interessante lanciata nei giorni scorsi alla Convention del Rotary a Bangkok. Yunus ha vinto il Nobel per un'iniziativa oggi ben nota: il microcredito, un sistema di finanziamento dei più poveri che privilegia le donne, che rappresentano al momento il 97 % dei clienti della Grameen Bank, la banca fondata da Yunus. Una banca particolare, che non chiede ai clienti di recarsi nei loro uffici, ma li va a trovare se ritiene che possano averne bisogno, che presta ai poveri piuttosto che ai ricchi, che non fa firmare un contratto quando concede un prestito, ma coinvolge gli stessi clienti in una sorta di impegno sociale condiviso per la riscossione dei crediti.

Come per il microcredito, anche per questa proposta del social business Yunus ha già realizzato alcuni progetti pilota. Uno di questi progetti affronta il problema della malnutrizione tra i bambini del Bangladesh con un'iniziativa comune tra la Grameen Bank e il gigante alimentare Danone. Le due società insieme stanno producendo e distribuiscono uno yogurt che, per il costo molto contenuto, sta raggiungendo fasce di pubblico mai prima raggiunte in quel paese da prodotti analoghi. Un'altra iniziativa è stata avviata con la Adidas e riguarda la produzione di scarpe il cui costo si aggirerà intorno al dollaro. La loro diffusione potrebbe ridurre drasticamente le malattie che si diffondono tra le popolazioni che girano a piedi scalzi.

Yunus ha sedotto la platea di molte migliaia di rotariani provenienti da ogni parte del mondo con la semplicità e la spregiudicatezza delle sue osservazioni. Le capacità imprenditoriali di cui scriveva Adam Smith, ha argomentato Yunus, non sono una prerogativa di pochi, ma sono ben distribuite tra gli umani. E' vero piuttosto che i modi tradizionali di pensare e di agire hanno mantenuto una porzione troppo grande di umani in condizioni di ristrettezza che non hanno permesso loro di sviluppare le capacità imprenditoriali di cui sono dotati. I poveri, ha osservato Yunus, sono come i bonsai: non c'è nulla di sbagliato nei loro "semi", semplicemente quei semi sono stati fatti crescere in una cronica carenza di alimenti e di spazio che ha mantenuto il loro sviluppo nei limiti asfittici che osserviamo.

E' lecito nutrire qualche dubbio di fronte all'ottimismo che anima personaggi come Yunus. Ma è altrettanto certo che le proposte che provengono da modi di pensare più tradizionali e dalle istituzioni tipiche dell'economia contemporanea hanno dimostrato i loro limiti nell'affrontare i nodi irrisolti delle società contemporanee.

Riflessioni analoghe ha suscitato a Bangkok l'intervento di un altro, brillante e giovanissimo esperto presente alla Convention – Hugh Evans, promotore del Global Poverty Project. Ventinove anni appena compiuti, australiano, Hugh Evans è a capo di un progetto che si propone di eliminare, con l'impegno di tutte le nazioni nel corso di una sola generazione, la povertà estrema che affligge attualmente un miliardo e quattrocento milioni di persone, costrette a vivere con circa un dollaro al giorno. Il Global Poverty Project ritiene che sia possibile in una generazione fare della povertà estrema un ricordo del passato, qualcosa che andremo a vedere nei musei.

 

Il Presidente Kalyan Banerjee alla Convention di Bangkok

 

Hugh Evans, del Global Poverty Project

 

La strategia proposta da Evans ha non poche affinità con la strategia di fondo del Rotary: portare tutto e solo il tipo di aiuto che metterà chi lo riceve in grado di fare presto a meno di ogni forma di aiuto. La premessa da cui muove Evans è che, mentre oggi una persona su sette avverte ogni notte il morso della fame, la Terra già produce abbastanza cibo per sfamare tutti. Il problema principale dunque è, secondo Evans, un problema di distribuzione e si intreccia con il problema della corruzione che spesso accompagna gli aiuti umanitari così come molti settori dell'economia. Portare a quel miliardo e quattrocento milioni di persone l'aiuto necessario perché possano fare presto a meno di aiuto è qualcosa che si può ottenere se le nazioni coinvolte nel Global Poverty Project si impegneranno a destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo a forme di aiuto internazionale. E' un obiettivo non impossibile da raggiungere se si considera che si tratta di un impegno finanziario dello stesso ordine di grandezza dell'impegno che i maggiori paesi si sono assunti negli ultimi anni per salvare le banche in crisi. Evans a Bangkok ha invitato ogni rotariano a impegnarsi in un'azione concreta per sensibilizzare la classe politica dei diversi paesi nei confronti del problema della povertà estrema adottando una strategia che promette di risolverlo nel corso di una generazione.